Con ordinanza del 9 dicembre 2019, il Tribunale ordinario di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma, cod. pen., sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.; nonché, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza di più circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.
Con la sentenza n. 55/2021 la Corte Costituzionale dopo aver ripercorso le numerose pronunce di illegittimità costituzionale che hanno riguardato l'art. 99 c.p., in particolare, con riferimento all'art. 116 c.p., evidenzia che tale norma prevede l'ipotesi in cui un concorrente risponde del reato «diverso da quello voluto» e quindi in realtà "non voluto"; non di meno ne risponde perché ha voluto il reato oggetto dell'accordo e il reato diverso da quello voluto è conseguenza della sua azione od omissione.
Al proposito la Corte rileva che se si considera la formulazione testuale della norma, il principio della personalità della responsabilità penale appare essere in sofferenza, quanto meno nella misura in cui tale disposizione richiede soltanto che l'evento del reato diverso sia conseguenza dell'azione od omissione del correo, ossia il solo nesso di causalità materiale.
Questa finalità di necessario riequilibrio del trattamento sanzionatorio nella fattispecie del concorso anomalo di cui all'art. 116 c.p. mostra il carattere particolare della diminuente in esame, che al di là dell'essere essa un'attenuante comune e non già ad effetto speciale. La scelta del legislatore di sanzionare con la pena prevista per un delitto doloso il reo, al quale viene mosso un rimprovero di colpa, trova un bilanciamento proprio nella previsione di cui all'art. 116, secondo comma, cod. pen., secondo cui la pena è diminuita.
Invece la norma censurata impedisce, in modo assoluto, al giudice di ritenere prevalente la diminuente in questione, in presenza della circostanza aggravante della recidiva reiterata, con ciò frustrando, irragionevolmente, gli effetti che l'attenuante mira ad attuare e compromettendone la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio.
Il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non risulta, quindi, compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata.
Conseguentemente, la Corte Costituzionale con la sentenza in parola ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.".