Con la sentenza n. 131, depositata il 31.05.2022, la Corte Costituzionale decreta la fine dell'attribuzione automatica del cognome paterno.
Con tale sentenza la Consulta ha ritenuto che la selezione, fra i dati preesistenti all'attribuzione del cognome, della sola linea parentale paterna, oscura unilateralmente il rapporto genitoriale con la madre e che la norma sull'attribuzione del cognome del padre è il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, riflesso di una disparità di trattamento.
A fronte dell'evoluzione dell'ordinamento, il lascito di una visione discriminatoria, che attraverso il cognome si riverbera sull'identità di ciascuno, non è più tollerabile.
Di conseguenza, la Corte Costituzionale, preso atto che delle numerose proposte di riforma legislativa, presentate a partire dalla VIII legislatura, nessuna è giunta a compimento, non ha potuto più esimersi dal rendere effettiva la egalità costituzionale.
Il carattere in sé discriminatorio della disposizione censurata, il suo riverberarsi sull'identità del figlio e la sua attitudine a rendere asimmetrici, rispetto al cognome, i rapporti fra i genitori devono essere rimossi con una regola che sia il più semplice e automatico riflesso dei principi costituzionali coinvolti. Il cognome del figlio deve comporsi con i cognomi dei genitori, salvo loro diverso accordo.
L'illegittimità costituzionale della norma che comportava la preferenza per il cognome paterno rende ora necessario individuare un ordine di attribuzione dei cognomi dei due genitori compatibile con i principi costituzionali e con gli obblighi internazionali. Non si può, infatti, riprodurre - con un criterio che anteponga meccanicamente il cognome paterno, o quello materno - la medesima logica discriminatoria.
Il mero paradigma della parità conduce, dunque, all'ordine concordato dai genitori, soluzione adottata anche negli altri paesi europei che prevedono l'attribuzione del doppio cognome.
Quanto alla disciplina necessaria a dirimere l'eventuale disaccordo, in mancanza di diversi criteri, che potrà il legislatore eventualmente prevedere, la Consulta ha ritenuto utilizzabile il ricorso all'intervento del giudice, previsto, in forme semplificate, dall'art. 316, commi secondo e terzo, cod. civ., nonché - con riferimento alle situazioni di crisi della coppia - dagli artt. 337-ter, terzo comma, 337-quater, terzo comma, e 337-octies cod. civ.
Chiaramente, nel rispetto dell'imprescindibile legame fra il cognome del figlio e lo status filiationis, il «diverso accordo» resta circoscritto al cognome di uno dei due genitori e incarna la loro stessa volontà di essere rappresentati entrambi, nel rapporto con il figlio, dal cognome di uno di loro soltanto.
Su tali premesse, deve ritenersi costituzionalmente illegittima la mancata previsione della citata regola derogatoria, poiché impedisce ai genitori di avvalersi, in un contesto divenuto paritario, di uno strumento attuativo del principio di eguaglianza, qual è l'accordo, per compendiare in un unico cognome il segno identificativo della loro unione, capace di permanere anche nella generazione successiva e di farsi interprete di interessi del figlio.
Si deve, pertanto, dichiarare costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, l'art. 262, primo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto.
L'illegittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, secondo periodo, cod. civ. determina, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, quella di ulteriori norme.
Tuttavia a corollario delle declaratorie di illegittimità costituzionale, la Corte Costituzionale ha formulato un invito al legislatore, ovvero, un intervento finalizzato a impedire che l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome.
In conclusione la Corte Costituzionale ha dichiarato:
1) l'illegittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
2) in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
3) in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che «l'adottato assume il cognome del marito», anziché prevedere che l'adottato assume i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
4) in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui prevede che l'adottato assume il cognome degli adottanti, anziché prevedere che l'adottato assume i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto.